Rough Kiss

22/05/2514
h.09.37

Fumo, denso e grigio. E' buio attorno a me, sento le punte delle dita formicolare fastidiosamente e la testa leggera. Credo di puzzare d'alcool, e credo siano poche le donne del Core che possano vantare questo odore. C'è caos, musica, un vociare perpetuo e ovattato. 
Mi muovo lentamente nell'oscurità alla ricerca di un appiglio, sento una canzone familiare infilarsi nelle mie orecchie, ma è troppo bassa perché io possa riconoscerla. Allungo le mani di fronte a me e percepisco pelle calda, sudata, a contatto con i polpastrelli. Vorrei staccare le mie mani, ma non riesco. Schiudo le labbra per parlare, ma qualcosa mi soffoca. Sento pungere, dev'essere barba, è un bacio aggressivo, eppure le labbra che premono contro le mie sono morbide. So che vorrei pensare a come potermi staccare, a come evitare tutto questo, ma il cervello si spegne. So che sto sognando, ma è uno di quei sogni vividi che sanno di ricordo di qualcosa di realmente vissuto, modificato dalla mente, dall'inconscio.
E il bacio dura a lungo, più di quanto davvero ricordi.


Akurl è vivo, è sano e salvo.
E io ho un mal di testa terribile, e le martellate sulle tempie e la puzza della pipì di Cagnaccio sul tappeto del soggiorno sono stati una sveglia poco simpatica.
Credo fosse una sorta di vendetta, la sua. Sono tornata a casa tardissimo per colpa della festa al Crazy Horse e gli ho fatto saltare la cena e la passeggiata di mezzanotte, e la cosa buffa è che mi sento in colpa come se avessi tradito il mio fidanzato di sempre.
Un cane come fidanzato ufficiale, devo essere messa proprio male.
E la festa al Crazy Horse... 
C'erano un sacco di persone, e l'alcool a metà prezzo. Era da un po' che non mi prendevo una sbronza del genere, di quelle allegre, che non ti fanno pensare a niente.
Sentivo il bisogno di festeggiare, di liberarmi dal peso delle preoccupazioni degli ultimi tempi. Il dottore è vivo, e io dovevo brindare alla felicità di saperlo al sicuro, di sapere che almeno uno dei tanti guai era finito. 
Mickey mi ha dedicato una canzone che sembrava parlare di me.



From the dawn of time to the end of days,
I will have to run... away.
I want to feel the pain and the bitter taste
of the blood on my lips... again.


Mi ha cercata tra la folla, in modo che tutti potessero vedere in volto la donna per la quale stava cantando. La donna "cazzuta", la sua unica amica. Così mi ha chiamata. 
Avrei voluto staccare le assi di legno dal pavimento del saloon e scavarmi una fossa, nessuno mi aveva mai dedicato una canzone prima, e sentirmi al centro dell'attenzione è stato terribilmente imbarazzante. 
E' stato quello a convincermi a farmi fuori altri bicchieri di doppio whisky, inesorabilmente.
Quello, e il fatto che vederlo cantare per me mi abbia fatto piacere, che io lo abbia trovato un gesto carino, apprezzabile, dolce. Il fatto che io abbia trovato dolce il gesto di un uomo nei miei confronti mi ha spaventata, imbarazzata, condotta per l'ennesima volta sulla cattiva strada, quella dell'alcool.
Alla fine io e Dhemetra ci siamo ritrovate abbracciate a ballare in mezzo a una marea di uomini ubriachi e allegri quanto noi, e mi sono resa conto, guardandola sorridere, che era da un bel po' di tempo che non mi sentivo così spensierata. Lei è una buona amica, una compagna di crimini non crimini, un tornado di energie che mi ha lanciata tra le braccia di quel rozzo barman non appena è sceso dal palco per venire a cercarmi.
E allora mi sono divisa in due. Gli ho dato un bacio sulla guancia per ringraziarlo della canzone, e l'ho fatto con un sacco di sincerità, ma l'altro lato di me, quello indignato e ribelle, mi ha portata a mollargli un calcio nelle palle. E' stato l'inizio della fine: abbiamo iniziato a fare a botte in mezzo al caos del saloon in festa, e non so come mi sono ritrovata le sue mani arpionate ai fianchi e le sue labbra premute contro le mie. Odorava di uomo, di tabacco, di cuoio, e per un brevissimo istante mi ha ricordato Ryan. E' stato il bacio più rude che qualcuno mi abbia mai dato, appioppato con forza, e forse il fatto che le labbra di Mickey fossero così morbide mi ha indotto a mordergliele con forza per farlo staccare da me. Sento ancora il sapore del sangue sulla lingua, se mi concentro. Gli ho mollato un pugno con forza, ma poi ci siamo divisi sorridendo. Non so come l'abbia presa, non volevo fargli male. Ma non volevo nemmeno che mi baciasse. Un bacio non dovrebbe essere dato in questo modo, ero impreparata, vulnerabile, ubriaca. E indignata. Ancora adesso, troppo abituata al mio continuo bisogno di tenermi lontana dalle relazioni sociali, non riesco a capire perché lo abbia fatto.
Sono confusa, e una domanda continua a martellarmi in testa: come diavolo sono tornata a casa?

0 commenti:

Posta un commento