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Rough Kiss

22/05/2514
h.09.37

Fumo, denso e grigio. E' buio attorno a me, sento le punte delle dita formicolare fastidiosamente e la testa leggera. Credo di puzzare d'alcool, e credo siano poche le donne del Core che possano vantare questo odore. C'è caos, musica, un vociare perpetuo e ovattato. 
Mi muovo lentamente nell'oscurità alla ricerca di un appiglio, sento una canzone familiare infilarsi nelle mie orecchie, ma è troppo bassa perché io possa riconoscerla. Allungo le mani di fronte a me e percepisco pelle calda, sudata, a contatto con i polpastrelli. Vorrei staccare le mie mani, ma non riesco. Schiudo le labbra per parlare, ma qualcosa mi soffoca. Sento pungere, dev'essere barba, è un bacio aggressivo, eppure le labbra che premono contro le mie sono morbide. So che vorrei pensare a come potermi staccare, a come evitare tutto questo, ma il cervello si spegne. So che sto sognando, ma è uno di quei sogni vividi che sanno di ricordo di qualcosa di realmente vissuto, modificato dalla mente, dall'inconscio.
E il bacio dura a lungo, più di quanto davvero ricordi.


Akurl è vivo, è sano e salvo.
E io ho un mal di testa terribile, e le martellate sulle tempie e la puzza della pipì di Cagnaccio sul tappeto del soggiorno sono stati una sveglia poco simpatica.
Credo fosse una sorta di vendetta, la sua. Sono tornata a casa tardissimo per colpa della festa al Crazy Horse e gli ho fatto saltare la cena e la passeggiata di mezzanotte, e la cosa buffa è che mi sento in colpa come se avessi tradito il mio fidanzato di sempre.
Un cane come fidanzato ufficiale, devo essere messa proprio male.
E la festa al Crazy Horse... 
C'erano un sacco di persone, e l'alcool a metà prezzo. Era da un po' che non mi prendevo una sbronza del genere, di quelle allegre, che non ti fanno pensare a niente.
Sentivo il bisogno di festeggiare, di liberarmi dal peso delle preoccupazioni degli ultimi tempi. Il dottore è vivo, e io dovevo brindare alla felicità di saperlo al sicuro, di sapere che almeno uno dei tanti guai era finito. 
Mickey mi ha dedicato una canzone che sembrava parlare di me.



From the dawn of time to the end of days,
I will have to run... away.
I want to feel the pain and the bitter taste
of the blood on my lips... again.


Mi ha cercata tra la folla, in modo che tutti potessero vedere in volto la donna per la quale stava cantando. La donna "cazzuta", la sua unica amica. Così mi ha chiamata. 
Avrei voluto staccare le assi di legno dal pavimento del saloon e scavarmi una fossa, nessuno mi aveva mai dedicato una canzone prima, e sentirmi al centro dell'attenzione è stato terribilmente imbarazzante. 
E' stato quello a convincermi a farmi fuori altri bicchieri di doppio whisky, inesorabilmente.
Quello, e il fatto che vederlo cantare per me mi abbia fatto piacere, che io lo abbia trovato un gesto carino, apprezzabile, dolce. Il fatto che io abbia trovato dolce il gesto di un uomo nei miei confronti mi ha spaventata, imbarazzata, condotta per l'ennesima volta sulla cattiva strada, quella dell'alcool.
Alla fine io e Dhemetra ci siamo ritrovate abbracciate a ballare in mezzo a una marea di uomini ubriachi e allegri quanto noi, e mi sono resa conto, guardandola sorridere, che era da un bel po' di tempo che non mi sentivo così spensierata. Lei è una buona amica, una compagna di crimini non crimini, un tornado di energie che mi ha lanciata tra le braccia di quel rozzo barman non appena è sceso dal palco per venire a cercarmi.
E allora mi sono divisa in due. Gli ho dato un bacio sulla guancia per ringraziarlo della canzone, e l'ho fatto con un sacco di sincerità, ma l'altro lato di me, quello indignato e ribelle, mi ha portata a mollargli un calcio nelle palle. E' stato l'inizio della fine: abbiamo iniziato a fare a botte in mezzo al caos del saloon in festa, e non so come mi sono ritrovata le sue mani arpionate ai fianchi e le sue labbra premute contro le mie. Odorava di uomo, di tabacco, di cuoio, e per un brevissimo istante mi ha ricordato Ryan. E' stato il bacio più rude che qualcuno mi abbia mai dato, appioppato con forza, e forse il fatto che le labbra di Mickey fossero così morbide mi ha indotto a mordergliele con forza per farlo staccare da me. Sento ancora il sapore del sangue sulla lingua, se mi concentro. Gli ho mollato un pugno con forza, ma poi ci siamo divisi sorridendo. Non so come l'abbia presa, non volevo fargli male. Ma non volevo nemmeno che mi baciasse. Un bacio non dovrebbe essere dato in questo modo, ero impreparata, vulnerabile, ubriaca. E indignata. Ancora adesso, troppo abituata al mio continuo bisogno di tenermi lontana dalle relazioni sociali, non riesco a capire perché lo abbia fatto.
Sono confusa, e una domanda continua a martellarmi in testa: come diavolo sono tornata a casa?

To make someone happy

16/04/2514
h.00.30
Luna Verde di Deadwood


Uomini della terra, così ci hanno chiamato quei bambini urlanti e felici quando hanno raggiunto il magazzino che stavamo sorvegliando.
Noi eravamo gli uomini che stavano aiutando quei campesinos a cambiare le loro vite sorvegliando il capannone nel quale si trovava il prezioso prodotto che avrebbe reso le loro terre nuovamente fertili.
Ma questa volta non ci sarà la Triade a illuderli di poter donare loro una vita migliore coltivando droga, la stessa droga che ha ucciso Ryan e chissà quante altre persone. Come si può considerare il Blast una salvezza, una fonte di vita e di speranza? 
Mio padre mi ha sempre detto che la gente del Rim è ignorante e che la loro linea di pensiero va cambiata radicalmente, anche con la forza se necessario. Vorrei poter avere il suo volto duro e i suoi occhi di ghiaccio davanti per potergli sputare sugli anfibi lustrati da militare alleato e dirgli che l'ignoranza di quella gente va combattuta con dei buoni gesti e con la gentilezza, che quello è l'unico modo per rendere la loro vita migliore.
Quelle donne ci hanno donato delle stuoie intrecciate da loro poco prima, un oggetto per loro di grande importanza con il quale hanno voluto ringraziarci e dimostrarci che sono grati. Danzavano attorno al fuoco e cantavano inni di gloria, erano felici, e non c'è nessuno che possa impedirmi di continuare a combattere per aiutare qualcuno.
Non può la Triade, né mio padre. Nessuno può farlo.

Too Late

"Hai dei bei capelli."
"Perché diavolo continuate tutti quanti a dirlo?"
"Perché è vero, e non m'interessa quello che dicono gli altri."
Ryan era un ragazzo alto e abbastanza muscoloso da uscire vincitore dal novanta per cento delle risse in cui amava ficcarsi. Le sue braccia erano forti, e Lydia amava lasciarsi stringere: stranamente non si vergognava pur essendo estremamente piccola e fragile rispetto a lui. Ryan sapeva che con quel piccolo gesto riusciva a farla stare bene, per cui lo faceva spesso. La attirava a sé e la stringeva abbastanza forte da non permetterle di sgusciare via, ma non abbastanza da farle male. 
Quel nove settembre era il diciassettesimo compleanno di Lydia, e lui aveva deciso di portarla su quello che secondo lui era il grattacielo più alto di Capital City. In teoria non avrebbero potuto arrampicarsi fin lì, ma di notte nessuno ha fatto caso a due figure solitarie che utilizzavano le scale d'emergenza esterne per raggiungere la terrazza.
"Grazie, allora."
Era imbarazzata, glielo si leggeva in faccia: per Ryan quegli occhi nocciola erano come un libro aperto che gli raccontava direttamente la storia di Lydia, sguardo dopo sguardo. Lui, invece, rimaneva un enorme mistero per lei. Ryan sapeva benissimo che c'erano cose che non avrebbe mai potuto rivelarle, perché l'avrebbe fatta stare male e riteneva che quello scricciolo avesse già sofferto abbastanza per osare scaricarle nuovi pesi sulle spalle fragili. Al contrario di Lydia, lui era bravissimo a nascondere quello che voleva nascondere, e non aveva la minima intenzione di farle capire che si faceva di Blast più volte al giorno e che non avrebbe potuto smettere a causa di una dipendenza esistente già da anni alla quale si era completamente abbandonato.
Avrebbe voluto trovare la forza per chiederle aiuto, avrebbe voluto davvero, ma l'affetto che provava per lei era più grande del suo egoismo. Nascondendole la sua dipendenza era convinto di proteggerla, e questo gli bastava.
"Ti ho comprato una cosa."
Lydia si girò a guardarlo, i ricci spettinati dal vento. Da lassù Capital City sembrava quasi bella, un tripudio di luci che ti portavano a dimenticare quanto quella città fosse artificiale, ma il modo in cui quella ragazza lo guardava faceva apparire i suoi occhi come la cosa più spettacolare del 'Verse, più di quelle luci. Nessuno lo aveva mai guardato così, scavando a fondo nella sua anima. Lo sguardo di Lydia riusciva a penetrare la carne, spezzargli le ossa, stringergli il cuore. Si amavano, ma nessuno dei due lo aveva mai detto all'altro, e probabilmente nemmeno erano intenzionati a farlo. 
"Non dovevi. Non ho fatto nulla per meritarmi un regalo."
"Io volevo fartelo, quindi non ribattere."
Le porse un nastro di raso borgogna, che pareva catturare i riflessi di tutte quelle luci: quelle della città, quelle delle stelle e quelle degli occhi di Lydia.
"E' un colore che ti dona" le spiegò, avvicinandosi a lei ulteriormente e facendole inclinare il capo in modo da poterle raccogliere i capelli con un fiocco. Ne approfittò per avvicinare il naso ai suoi ricci e inalarne il profumo, tanto da portarlo con sé fino al giorno successivo, fino a quando non si sarebbero visti di nuovo.

"Grazie." 
Era povera di parole, ma lui riusciva a percepirne la gratitudine, tanto che la fece voltare e la baciò come se non ci fosse un domani. Rimasero attaccati per un po', almeno finché lei non si staccò per cercare lo sguardo di lui. 
"Ryan, voglio andarmene di casa, voglio stare con te. Voglio fare quello che fai tu."
"E' un lavoro pericoloso."
"Ma io lo voglio fare."
Lydia era così vitale, piena di rabbia, di voglia di combattere che gli venne voglia di baciarla ancora.
"A volte si rischia di morire."
"Non m'importa. Non ho paura di morire."
"Dovresti averne. Chi ha paura di morire vive più intensamente."
"Chi non ha paura di morire non teme nemmeno l'intensità dei sentimenti, né le persone. Chi non ha paura di morire non ha nemmeno paura di vivere."
A volte l'intelligenza di Lydia lo spiazzava. Se ne usciva con quei commenti a cui non riusciva a replicare in alcun modo, poiché era impossibile darle torto. 
Lydia era così coraggiosa, lui invece no. Lui non aveva paura di vivere, ma da quando quella ragazza minuta e dagli occhi sinceri era entrata nella sua vita iniziò a temere la morte.
Sapeva che prima o poi la sua dipendenza lo avrebbe fottuto, gli avrebbe succhiato via la vita lasciando il suo corpo vuoto e freddo tra le braccia della donna che lo amava, lasciandola distrutta.
Ryan era un mercenario frenato dalla paura di far soffrire qualcuno. Lydia era una donna pericolosa, troppo viva per lasciarlo indifferente, e lui era un uomo spacciato, condannato, che non riusciva a trovare il coraggio di staccarsi da lei prima che fosse troppo tardi.
E inevitabilmente, sapeva che prima o poi lo sarebbe stato. 
Troppo tardi.

Not everything works out the way you hope

25/03/2514
h. 18.30

Alla festa di primavera Buck Blackbourne ha accolto il mio arrivo con un gran sorriso, come sempre, poi mi ha offerto dello zucchero filato. Non ne avevo mai mangiato prima, e l'ho trovato delizioso quanto la compagnia di quell'uomo dal cuore grande. Splendeva il sole e c'era l'odore dolce della primavera nell'aria.
Pensare che non potrò mai più sentire la risata sonora del dottore fa male. 
Sento un peso nel petto che mi blocca il respiro. Quando ho saputo quello che è successo mi sono sentita impotente e piegata dal dolore come quando ho trovato il corpo di Ryan senza vita anni fa. Non faccio che domandarmi se ci sia qualcosa di sbagliato in me, nella mia vita, se il destino esista sul serio, se ci sia un Dio che stabilisce chi sia degno di restare in vita e chi di morire. Nel caso esistesse, non posso fare a meno di immaginarlo come un'entità crudele, che strappa via la vita alle persone migliori. 
Tutto mi sta scivolando via dalle mani, inesorabilmente.
In infermeria c'era il corpo del dottore. Ho dovuto recarmi lì per crederci davvero, poiché non riuscivo a capacitarmi della sua improvvisa morte.
Mughain si è infuriata dopo che le ho chiesto perché abbiano lasciato che tutto questo accadesse, ma non m'interessa. Non m'interessa nemmeno sapere se Donna Winter mi vuole morta per aver tradito Hall Point con la mia sincerità. Roona piangeva, e Scott era una maschera di dolore e durezza, mentre il corpo del dottore rimaneva lì, freddo.
Come hanno potuto lasciare che quello stronzo di Gibbs lo ammazzasse? Non posso credere che non siano riusciti a fermarlo in tempo, non ci riesco.
Quando sono uscita dall'infermeria ho preso a pugni il muro come una sciocca, ferendomi la mano. Jennifer mi ha trascinata via da lì, accompagnandomi nel mio alloggio, dove sono crollata a pezzi tra le sue braccia. Non piangevo così tanto da quando è morto Ryan, probabilmente, e per fortuna questa volta avevo un'amica a sostenermi e impedire che cadessi.
La guerra è stata inutile, così sbagliata che la gente continua ad ammazzarsi ancora oggi. E' tutta colpa dell'Alleanza, del loro desiderio di imporsi sulla gente del Rim che invece voleva solo la libertà.
Sono stanca di queste lotte per il potere, di vedere la gente pugnalarsi alle spalle, mentire, infuriarsi.
Il dottor Blackbourne era una persona buona, dal cuore enorme.
Era un terrorista, è vero: sono certa facesse parte dei Dust Devils, ma sarei stata pronta ad affrontare la Triade da sola pur di non consegnare loro un uomo come Buck. 
Cagnaccio sembra aver capito che qualcosa non va, mi sta accanto e cerca di leccarmi via le ferite, ma credo che anche lui piangerebbe la morte di quell'uomo che non gli negava mai una carezza gentile.
Vorrei tanto tornare bambina e piangere senza vergogna dopo essermi sbucciata le ginocchia cadendo, consapevole che la mamma arriverebbe presto a curarmi le ferite e posarmi un bacio in fronte.
Vorrei vendetta, ma non posso averla, perché so benissimo che niente funziona nel modo in cui vorrei funzionasse. Mai.

Lyanna

Lyanna Lee era una donna bella oltre ogni dire, con grandi occhi dall'iride color nocciola intenso, un colore quasi liquido, bollente. Aveva capelli lunghi e ricci e un sorriso perfetto che non mostrava quasi mai. Le sue labbra carnose erano perennemente piegate in una smorfia di dolore, quella sofferenza interiore che ti attanaglia le viscere e ti chiude in una sfera dal vetro spesso e indistruttibile, all'interno della quale l'unica cosa che puoi fare è disperarti perché sai che non c'è alcuna via d'uscita.
Oltre ad essere splendida era anche molto intelligente e sensibile, capace di comprendere persino le ragioni della persona più spregevole del 'Verse. Aveva scoperto quel talento quando era solo una ragazzina, dimostrandosi più matura di tutti i suoi coetanei ed estremamente empatica, tanto che decise di diventare una psicologa. Da giovane aveva un sacco di idee per il suo futuro: vivere la vita con il sorriso sulle labbra, aiutare le persone in difficoltà, asciugare le loro lacrime e permettere loro di combattere perché era certa nessuno possa essere realmente perso per sempre.
Lavorava alla Blue Sun quando conobbe Robert Evans, un soldato alleato dal cipiglio severo e dagli occhi gelidi. Quell'uomo aveva un fascino tutto suo, rappresentava la Freddezza che lei combatteva nella mente dei suoi pazienti da anni: divenne il suo chiodo fisso, la sua missione tutta personale. Doveva scaldarlo, ammorbidirlo, perché riusciva a intravedere sotto quella corazza una persona determinata, forte, buona.
Forse si innamorò più che altro dell'idea che si era fatta di lui che di Robert stesso, fatto sta che dopo un anno si ritrovò sposata e con il ventre gravido.
Robert non sembrava così felice di aspettare un figlio da lei, l'unica cosa che pareva importargli era il fatto di poter crescere un nuovo soldato che lo aiutasse nella sua battaglia contro l'ignoranza della gente del Rim.
Lyanna si sentiva infinitamente triste: la creatura che portava in grembo non avrebbe ricevuto tutto l'amore che un figlio si merita, sarebbe nata e cresciuta ricevendo ciò che le spettava solamente per metà, e questo la convinse ulteriormente a non mollare la sua missione, la sua lotta contro la freddezza di Robert.
Nonostante lei fosse incinta e i mesi passassero, gonfiando sempre di più la sua pancia, lui era sempre meno presente. 
"Noi Alleati abbiamo una missione, Lyanna. Un giorno uniremo tutti sotto un unico dominio e finalmente quella gente capirà che ribellarsi non serve a nulla, e ci ringrazieranno per questo. Tu la smetterai di piangere e mi dirai grazie come loro, e nostra figlia farà lo stesso. Non devi lamentarti se sono assente, quello per cui combatto è più importante."
Parole che si sentiva ripetere ogni giorno e che nemmeno il suo mare di lacrime poteva cancellare.
Quando sarebbe stata in grado di essere più forte, di riconquistare il sorriso che aveva perso, di asciugare le proprie lacrime e combattere proprio come suo marito faceva? 
Quando Lydia si catapultò in questo mondo Lyanna, finalmente, sorrise. Era sola, ma in qualche modo quell'esserino era in grado di farla sentire la donna più felice dell'intera galassia. Aveva i suoi stessi lineamenti, nascosti dal rossore tipico della pelle dei neonati, e tanti capelli quanto lei. Strillava la propria rabbia al mondo, e questo non poté che farla sentire più forte, rinvigorita. Era il nove settembre del 2486 e quella data l'avrebbe segnata per sempre: la sua speranza era rinata.


"Mamma, non piangere."
Lydia aveva sei anni e lei ne aveva esattamente trenta più di lei. Quel giorno era il suo compleanno e pioveva a dirotto su Capital City. Ogni tuono faceva tremare anche il suo cuore assieme ai vetri della finestra della cucina. Lyanna era stanca di piangere, ma non poteva farne a meno: la solitudine, la paura, il rimorso erano così forti da farle venire la nausea. Da quando lei e Robert stavano assieme non c'era stato un solo compleanno in cui lui fosse stato al suo fianco. Possibile che quell'uomo fosse in grado di amare solo la propria causa e il proprio lavoro, quando lei gli aveva donato tutta se stessa? Nemmeno la nascita di Lydia era riuscita a portarlo a casa per le feste, per i compleanni, per gli anniversari. La bambina non sembrava soffrirne particolarmente. Stava con il padre solo quando lui le parlava di combattere e di come le avrebbe insegnato a farlo non appena avesse raggiunto l'età giusta. 
"Ti prego... Non sei sola. Io ci sono, e il tuo compleanno è importante per me."
"Oh, Ly..." 
Quelle parole la fecero piangere ancora di più, i singhiozzi che bucavano il silenzio denso di quella cucina vuota. La manina di Lydia afferrò la sua con forza, come a volerle offrire un appiglio sicuro, l'unico appiglio che qualcuno le avesse mai concesso in vita sua. La accettò e cercò il suo sguardo: avevano occhi identici, ma l'espressione della piccola era più decisa e intensa del sua, era lo sguardo di chi non si sarebbe mai arreso. Sua figlia era parte di lei, del suo cuore, della sua anima, il flebile raggio di sole che illuminava l'oscurità che aveva lasciato entrare dentro di se. 
"Adesso facciamo una torta e la mangiamo solo noi" la rassicurò Lydia, allungando le mani verso il suo volto pallido per asciugare via tutte quelle lacrime, e le sorrise. 
Quel sorriso era così sincero e coraggioso che Lyanna fu sicura sua figlia sarebbe stata in grado di vincere ogni battaglia della sua vita, quando sarebbe stata grande. E si alzò, tenendola per mano.
"So che non mi abbandonerai mai, Lydia."

Ma ti ho abbandonata, mamma.
Mi dispiace, mi dispiace tanto.

How to save a life

19/03/2514
h. 21.20


Ricordo il giorno in cui trovai Ryan morto.
Era una giornata fredda di fine settembre, di quelle che ti fanno capire che ormai l'estate è finita e che ti devi lasciare alle spalle la sensazione dei raggi di sole tiepidi sulla pelle per un altro anno. 
Stavo tornando a casa con una borsetta piena di fragole fresche, sapevo che a lui piacevano un sacco e poiché il nostro ultimo incarico era andato bene avevo deciso di spendere parte dei miei soldi per fargli quel piccolo regalo. 
Ricordo ancora il cielo occupato dalle nubi gonfie di pioggia, squarci di oscurità tra i palazzoni freddi di Capital City. 
Avremmo mangiato le fragole sdraiati sul letto, e poi ci saremmo baciati, la sua lingua sarebbe stata dolce e le sue braccia calde e io mi sarei sentita in paradiso come ogni volta che ci univamo con passione.
Quando aprii la porta trovai l'appartamento insolitamente silenzioso. Un silenzio pesante, di quelli che preannunciano il rombo di un tuono, i vetri che tremano, gli occhi di Ryan ancora aperti.
Era steso sul tappeto del soggiorno, la polvere bianca del Blast ancora sparsa sul tavolino di vetro e appiccicata sotto al suo naso perfetto. Lasciai cadere il sacchetto a terra, le fragole iniziarono a rotolare sul pavimento, ne calpestai qualcuna durante la mia corsa verso quel corpo esanime. 
"Ryan, no! No, no, no. Non mi lasciare, ti prego, ti prego..."
Continuavo a ripeterlo come una sciocca, lasciando che la cantilena fosse l'unico suono a tenermi compagnia dentro quella casa gelida e vuota.
Il volto di Ryan era così freddo e pallido.
Potevo specchiarmi nelle sue iridi verdi e sentirmi persa, morta assieme a lui.
Avevo lasciato tutto per lui, abbandonando la mia vita e il mio passato.
Improvvisamente, mentre le gocce di pioggia iniziavano a violentare i vetri delle finestre, capii di essere sola.
Questa volta il dolore era sordo, intenso.
Tremavo, piangevo, mi sentivo una cavità scura e infinita all'interno del petto, come se mi avessero strappato via il cuore. Nessuna ferita da curare o frattura da ricomporre era stata così dolorosa nella mia vita prima di quel momento. 
A volte ancora adesso, quando mi sveglio nell'oscurità staccandomi bruscamente dai miei incubi, mi sembra di vedere gli occhi di Ryan che mi osservano mentre migliaia di voci urlano attorno al mio letto.
"Avresti potuto salvarlo." 


Ieri sera Ritter è venuto a trovarmi a casa mia su Greenfield, presentandosi con un cerotto sul naso e una bottiglia di whisky in mano.
Mi ha detto che ha lasciato Eir sola con il suo campo di grano, ma quando mi ha spiegato il perché della sua decisione non ho potuto biasimarlo.
Ha affermato che tra qualche tempo lo avrebbe trovato morto di overdose da morfina e questo l'avrebbe distrutta, quindi ha troncato la relazione prima ancora che potesse nascere. 
Io so cosa significa, e non sono riuscita a contestare la sua scelta: perdere Ryan è stato terribile, e non raccomanderei quel tipo di sofferenza a nessuno.
Ho approfittato della discussione per domandargli per quale motivo preferisse la morfina all'amore di lei, e la sua risposta mi ha lasciato senza fiato e senza parole.
"Perché l'amore ti ruba parte di te senza che tu te ne possa accorgere, mentre la droga ti toglie proprio tutto. E' più facile."
Quindi Ryan ha preferito ciò che è più facile a ciò che è giusto.
Il dottore dice che probabilmente non mi ha mai detto nulla per proteggermi, per non farmi soffrire, e che comunque anche se lo avessi saputo non avrei potuto fare nulla per salvare la sua vita. Continuo a pensare che invece qualcosa avrei potuto farlo, ma non sono specializzata nel salvataggio delle vite altrui, di solito tendo a troncarle.
Abbiamo affogato i nostri dispiaceri in due bottiglie di whisky, finendo a ballare ubriachi marci nel prato dietro casa mia. 
Gli occhi verdi di Ritter sono così intensi, a modo loro, e simili a quelli di Ryan che a volte cercare il suo sguardo mi fa male. La sua compagnia è qualcosa a cui tuttavia non vorrei rinunciare: credo riesca a capirmi senza bisogno di compiere il minimo sforzo. Viaggiamo a braccetto nella strada della nostra vita, seguendo l'onda di un dramma permanente, tenendoci compagnia nella nostra profonda solitudine.


Jeremia, il ragazzino dai capelli rossi e l'aria ingenua, mi ha appena scritto che ha vinto un barattolo di miele alla gara di Greasy pole climbing alla festa di primavera e che vorrebbe offrirmene un po' per ringraziarmi di avergli regalato un biglietto per la partita di Pyramid di domani sera. 
Ho quasi paura che le lezioni di tiro che voglio dargli non siano abbastanza per prepararlo ad affrontare la crudezza della vita, ma nel frattempo devo ammettere che mi piace l'idea di mangiare del miele non sintetico in compagnia di qualcuno che essendo molto giovane non sa cosa voglia dire avere peli sulla lingua.
Insomma, in qualche modo devo pur lasciarmi alle spalle i pensieri.

Where is my mind?

With your feet in the air and your head on the ground, try this trick and spin it. Your head will collapse if there's nothing in it and you'll ask yourself: "where is my mind?"

10/03/2514
h. 06.31


"Dov'è la mia mente?"
Me lo sono chiesta spesso, ultimamente.
Credo di averla persa. Forse è rimasta alle mie spalle, assieme ai ricordi. Forse l'ho voluta chiudere in un armadio buio a tenere compagnia ai miei scheletri.
Questa notte è stata l'ennesima battaglia, forse in risposta ai discorsi fatti con il dottor Blackbourne e il dottor Ritter. Il primo non ha fatto che ribadire quanto deciso sia a combattere per i propri ideali, per quello in cui crede, senza paure, pronto a morire per difendere la propria causa. Il secondo invece crede che morire combattendo sia egoista, perché in effetti è più facile morire gloriosamente che restare in vita, feriti e col cuore spezzato per sempre. 
Quando sono con il dottor Ritter la velocità con cui riesco a scolarmi diversi bicchieri di whisky è impressionante, così come lo è il modo in cui le parole scivolano rapide fuori dalle nostre labbra. E' un ottimo interlocutore, acuto. Dietro il velo che rende opaco il suo sguardo si nasconde un attento osservatore, ne sono certa. Lui ha capito come sono veramente, ma non sembra essere rimasto deluso dalla mia fragilità interiore.
Abbiamo discusso il passaggio de "Il Piccolo Principe" che mi aveva colpita leggendolo, quello della volpe e del campo di grano, e ci siamo trovati d'accordo sul fatto che il principe si sia dimostrato crudele ad abbandonare la volpe, lasciandola lì a consolarsi col suo solitario campo di grano.
Il fatto che il libro descriva la realtà dei fatti, ovvero che gli esseri umani non facciano che addomesticarsi a vicenda in continuazione, non toglie che rimanga un libro per bambini: nella realtà la volpe avrebbe il cuore spezzato, e il campo di grano vuoto non farebbe che rendere il suo dolore più intenso, giorno dopo giorno.
Nella vita c'è chi addomestica e abbandona, come è solito fare il dottor Ritter, e chi si lascia addomesticare e rimane solo a soffrire, come sono solita fare io.
Nonostante tutto sono felice di aver parlato con lui fino alle due del mattino, annegando le parole nell'alcool. Mi ha... aiutata, in un certo senso.
Ora osservo l'alba dalla finestra del soggiorno della casa che ho affittato qui su Greenfield, con Cagnaccio che dorme ai piedi del divano. La luce filtra debole e pallida attraverso il vetro, e il silenzio denso mi fa sentire così sola che vorrei mandare una mail a Brent e chiedergli di raggiungermi.
Brent, che con i suoi abbracci e i suoi baci è più pericoloso di me con le revolver tra le mani. Dovrei stargli lontana per un po', non voglio abituarmi alle sue braccia, ai suoi occhi. Siamo solo "amici di letto", non posso cercarlo anche quando vorrei solamente essere consolata. L'altra notte siamo rimasti abbracciati a dormire assieme nel suo alloggio su Hall Point, senza nemmeno fare sesso. E' una cosa che mi confonde, ma ho intenzione di lasciare la confusione lì dov'è. Troppe domande possono fare solamente male.
Potrei chiamare Jennifer, ma credo sia ancora arrabbiata con me per quella storia del nomignolo. Mi chiamava "Bao bei", tesoro. Le ho detto che è un nomignolo idiota, e si è offesa tantissimo. Dovrò trovare il modo di farmi perdonare, e sicuramente comprarle altri mostriciattoli giocattolo non è una buona idea.
Sono un disastro con le persone.
Where is my mind?

The neverending why

05/03/2514
h.13.20

Capitano Evans.
Nonostante ci abbia dormito su, continua a suonarmi troppo strano.
Pensare che ora sono io a custodire le chiavi della Banshee, a tenere in piedi i Phantom mi fa pensare che sia tutto sbagliato. Io sono sbagliata. Non è il ruolo che fa per me, non è il ruolo che volevo, ma non potevo dire di no a Quinn. Tengo troppo a questo equipaggio per distruggerlo, quindi ho deciso di assumermi questa responsabilità, per quanto grande essa sia.
Ho mandato giù la pessima notizia assieme a una bottiglia di whiskey, cosa che mi ha fatta crollare come una pera cotta, permettendomi di dormire serena tutta la notte. Questa mattina mi sono svegliata vestita, con il braccio di Jennifer che mi cingeva la vita da dietro. Inizialmente mi sono sentita confusa, poi ho ricordato tutto. Ieri sera l'ho baciata, e lei ha baciato me. Un contatto molto casto, innocente quasi. A dire il vero non so perché l'ho fatto, non credo si tratti solo del fatto che ero ubriaca, e nemmeno che riguardi solamente la mia curiosità nei confronti di un possibile rapporto con un'altra donna. Jennifer è un'amica di quelle che ho sempre desiderato avere, e in questo ultimo periodo mi è stata vicina. 
Non riesco a trovare risposte alle mie domande ultimamente. 
Mi piace andare a letto con Brent, mi piace quando mi bacia, e non so perché. Mi è piaciuto svegliarmi con Jennifer a fianco, nonostante questa vicinanza mi abbia messa lievemente a disagio una volta sobria, e non mi so spiegare il motivo. Sto combattendo per aiutare Mughain ed Evah, ma il fatto che lo faccia per un determinato ideale non è sufficiente a rispondere alla domanda: "perché?"
Forse il mio nuovo ruolo di capitano mi aiuterà a lasciare da parte tutta questa confusione e concentrarmi unicamente sul lavoro.
Alla fine dei conti è sempre questo che mi salva.

Understanding

01/03/2514
h. 12.00

Ormai andare a letto con Brent è diventato quasi... naturale.
L'altra sera abbiamo addirittura parlato, e anche molto. 
Di solito dopo aver finito aspetto che si addormenti e me ne vado, ma questa volta abbiamo avuto modo di conoscerci meglio. Ironico dire così, generalmente prima di finire a letto con una persona aspetto di conoscere qualche dettaglio sulla sua vita, sul suo modo di riflettere e vedere il mondo. Aspetto di provare qualcosa.
Per Brent non provo nulla sentimentalmente parlando invece, e gli ho anche confessato di andare a letto con lui perché sto cercando di dimenticare Christyan.
"Tu sei una donna pericolosa", mi ha detto. Non credo si riferisse alla mia abilità con le armi e coi pugni dato che quando gli ho chiesto cosa intendesse ha risposto che non sono una "da una botta e via". 
E' un uomo intelligente, e a modo suo sa comprendere bene le persone.
L'ho capito dal modo in cui mi ha stretta a sè, in cui il suo sguardo si è incastrato col mio. 
Credo che in qualche modo mi abbia capita.
Non fosse che poi abbiamo ripreso a rotolarci tra le lenzuola ammetto mi avrebbe fatto piacere parlare ancora.

Domesticated

25/02/2514
h.13.30

La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me, è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro, allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... Disse la volpe: ecco il mio segreto. È molto semplice: non vedo bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.

Il dottor Ritter mi ha chiesto di passare in casa sua per dare da mangiare al suo gatto mentre lui è in viaggio per lavoro. Montezuma è un felino meraviglioso, una sagoma nera come il carbone con due grandi e ipnotici occhi verdi. Credo di stargli simpatica, anche se probabilmente è solo per convenienza. I gatti sono creature affascinanti. Come affascinante è la collezione di libri del dottore, che gentilmente mi ha concesso di sfogliarne quanti voglio, tranne quello miniato che custodisce nel frigorifero. E' un uomo strano, ma sembra davvero intelligente, e non posso che apprezzarlo. 
Mentre Montezuma mangiava ho estratto dalla mensola un paio di libri. Il primo è in francese, una lingua del mondo che fu a me sconosciuta: "Le Fleurs du Mal". Ho deciso comunque di sfogliarlo, e ho notato una poesia intitolata "Spleen", che mi ha riportata indietro di parecchi anni, quando mia madre me l'ha recitata senza nemmeno sapere chi fosse l'autore. E' una poesia tristissima, cupa, che si addiceva perfettamente al suo carattere. Dopo aver tentato di coglierne alcune frasi mi sono arresa, e sono passata al secondo libro. Si tratta di un racconto intitolato "Il Piccolo Principe". Credo si tratti di un libro per bambini, poiché le frasi sono semplici, essenziali e lineari, ma le ho trovate alquanto sensate e profonde. E' un libro che parla della vita e dei sentimenti, parla di noi, in un certo senso. Mi ha colpito un passaggio che ho riportato anche qui sul mio diario per ricordarmene in futuro. Ci ho riflettuto su per un po', e mi sono sentita infinitamente triste: noi siamo addomesticati come la volpe. Quando sentiamo un profumo, una canzone per radio, un colore lo colleghiamo immediatamente a un ricordo, a una persona.
Non riesco a comprendere la felicità della volpe: come si può essere lieti di venire addomesticati, condannati a collegare una determinata cosa a qualcuno per sempre

Mistakes

24/02/2415
h.10.29

Ultimamente agisco come se mi stessi ribellando a me stessa, a ciò che sono veramente.
Invece di imparare a combattere la mia paura di addormentarmi, la mia insonnia, sono andata dal dottor Ritter e mi sono fatta dare un sonnifero. Certo, ora dormo in modo sereno e profondo, ma è stato tutto troppo semplice e so benissimo che prima o poi dovrò costringermi ad abbandonare i sonniferi perché diventeranno una droga, e quando tornerò ad affrontare le mie notti piene di incubi sarà peggio di prima. 
Invece di trattenermi e cercare di cancellare certe persone dalla mia vita sono finita a letto con Brent, credendo che seguire il mio istinto fosse la cosa più giusta, e invece ora mi sento peggio di prima. Non faccio che pensare a Chris, a chiedermi che fine abbia fatto, a come reagirebbe se sapesse che ora non ha più il primato sul mio corpo. Purtroppo ha ancora il primato sul mio cuore, e vorrei davvero potermelo strappare via.
Mughain mi ha detto che bisogna affrontare ciò che siamo, imparare a distaccarci dal nostro passato, ma io non ce la faccio. Ci sono troppe cose del mio passato che vorrei cambiare, troppi errori che io e le persone che mi circondavano abbiamo fatto: errori irreparabili. 
E continuo a farne, uno dopo l'altro.
Errori, una miriade di errori. Sto cominciando a sentirmi un errore anche io.

Stronger

19/02/2514
h. 19.30

Ultimamente ogni cosa sembra andare sempre peggio, mi sono addirittura ritrovata con il setto nasale fratturato e costretta ad usare una stampella e un tutore per la caviglia a causa di una rissa su Safeport... Tutto questo nel tentativo di origliare qualcosa su quei maledetti Dust Devils per quei maledetti di Baylong.
Ultimamente i terroristi hanno deciso di alzare la voce su Greenfield, attaccando gli Alleati e attaccando volantini rivoluzionari in giro per Oak Town. Mi spiace dover indagare su di loro, dato che credo più nei loro ideali che in quelli dell'Alleanza. Li capisco, per quanto non sappia cosa voglia dire aver perso una guerra. Ma posso comprendere l'odio viscerale che ribolle nelle loro vene, un odio che ti porta a fare qualsiasi cosa per vendicarti. Fatto sta che mi tocca cercarli e anche trovarli, se non voglio che quelli di Baylong vengano a prendersi un arto per ognuno dei Phantom con la scusa che li abbiamo delusi.


Oggi ho fatto una passeggiata con Quinn nei pressi della Quercia Nera, dato che è lì che i Dust Devils hanno attaccato i soldati alleati un paio di giorni fa. Abbiamo dato un'occhiata in giro e abbiamo cercato di decidere come muoverci, e poi siamo finite su argomenti poco piacevoli, come l'aver perso una persona che si amava. Ho scoperto che anche lei ha perso un uomo, e con perso intendo... Perso per sempre. Un po' come io ho perso Ryan. 
Ci siamo scambiate un paio di battute, decidendo che i nostri cani meritano sicuramente più affetto degli uomini, e concluso il discorso credo di aver ritrovato un po' di forza, e ne avevo davvero bisogno dato che ultimamente mi sono sentita troppo debole.
Devo cancellare Christyan dalla mia vita, poi sarò di nuovo forte.

Troubles

17/02/2514
h.11.30

Le cose vanno inesorabilmente male.


Sullo Skyplex c'è un sacco di lavoro a causa del casino causato dai misteriosi figuranti, e non riusciamo a venirne a capo pur collaborando con l'Alleanza. Continuano ad accadere cose strane, a sbucare nuovi nomi e nuovi fatti e le informazioni che raccogliamo non sono mai abbastanza.


Siamo rimasti in quattro nei Phantom, e ci siamo ficcati in uno dei guai peggiori che potessimo trovare.
Sentivo fin dall'inizio che non avremmo dovuto accettare l'incarico di Baylong: trovare un'associazione di presunti terroristi è un compito difficile e non assicura successo, e la fama della gentaglia per cui stiamo lavorando non promette nulla di buono. Pare siano in qualche modo associati con la Triade, che siano invischiati in traffici illegali e che spariscano persone con una certa frequenza lì da loro. 
Ieri hanno minacciato Quinn, e io non voglio e non posso permettere venga fatto qualcosa a lei o agli altri. Soprattutto a lei, visto che non sa usare una pistola e difendersi nel caso ce ne fosse bisogno.
Comincio a pensare che invece di dare la caccia a questi Dust Devils dovremmo trovarli e associarci con loro in modo da far fuori chiunque abbia a che fare con Baylong. 
Non faccio questo lavoro per arricchirmi, non me ne frega niente dei soldi che guadagno finché ne ho abbastanza per tirare avanti, io lavoro per aiutare chi ne ha bisogno, non per essere minacciata e sottostare a quella gente. Siamo i loro burattini, e se non ci muoviamo a fare qualcosa probabilmente saremo noi i prossimi a sparire dalla circolazione perché ci faranno fuori.
Questa sera ci siamo organizzati per andare a Safeport e indagare sui DD, ma non sono più motivata. 
Non ho paura, l'idea di farmi del male o di essere ammazzata non mi spaventa, ciò che temo è essere soggiogata da questa gente. 
Mi sento in gabbia, e probabilmente lo siamo tutti nei Phantom. 
Baylong ci ha messi in gabbia e ha gettato via la chiave.


E poi... Poi Christyan è sparito. Non si fa sentire da giorni, e io ho davvero il timore gli sia successo qualcosa.
Dove diavolo sei finito?

How does one become a butterfly?

16/02/2514
h.18.30


"La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta."


Non so dove avesse pescato questa citazione, ma ricordo chiaramente il sorriso di Ryan mentre me la recitava, tre mesi prima che mi lasciasse. Tre mesi prima di morire.
Ai tempi sentire queste parole mi aveva fatto sorridere. Vedevo le farfalle come qualcosa di forte, dopotutto sono insetti che devono affrontare più fasi di crescita: da bruco, a larva, a farfalla. Mi sarebbe piaciuto essere come una farfalla, diventare una persona migliore, godere appieno di ogni istante.
Poi però, dopo che Ryan è morto, mi sono resa conto che contare gli anni è più facile soprattutto se te li lasci scivolare addosso. Gli anni sono lunghi e proprio per questo si tende a non farci caso se passano così in fretta, gli istanti invece... Gli istanti rimangono per sempre.
Oggi Brent mi ha disegnato una farfalla sulla mano. Quando l'ho invitato a farlo stavo scherzando, ma ora che abbasso lo sguardo sul disegno preciso e stilizzato mi rendo conto che mi piace e che mi causa una stretta al petto al tempo stesso, e mi sembra di non riconoscere più me stessa. Non sono più in grado di contare gli istanti e di farmi bastare il mio tempo, in compenso sono tormentata dagli anni che mi sono lasciata alle spalle. 
Ho detto a Brent che quell'insetto delicato e bellissimo non mi rappresenta, ma forse sbagliavo. Anche io, come la farfalla, sono tremendamente fragile, ma gli altri non se ne accorgono, per fortuna.
Vorrei non avere solo questo in comune con le farfalle, però. 
Vorrei essere in grado di volare, dopo aver strisciato per tutto questo tempo.

Fighting

15/02/2514
h. 20.00


Combattere.
Cosa significa combattere?
Sui dizionari si trova qualche significato differente, ma quasi sempre si intende partecipare a una guerra, a una partita, a un litigio.
Nessuno parla mai di combattere per sè stessi.
C'è tanta gente che non vuole più combattere perchè ha perso tutto e pensa di non aver più niente e nessuno per cui lottare. In qualche modo riesco a comprendere queste persone, ma non è un ragionamento che sostengo né approvo.
Poi c'è gente che si ostina a combattere nonostante abbia perso tutto. Lo fanno per vendetta, lo fanno in memoria di chi hanno perso, lo fanno perchè hanno speranza.
Cosa c'è di male nel riporre fiducia nelle proprie azioni sperando in un futuro migliore? Sono convinta si debba sempre combattere, anche se le possibilità di vincere la battaglia siano misere.
Io ho sempre combattuto. Da più piccola combattevo per ribellarmi, per essere me stessa e non chi i miei genitori volevano che fossi. Ora combatto ogni giorno contro i fantasmi del mio passato, combatto per i miei ideali. Combatto perchè se non lo facessi mi sentirei persa. Come si può pensare di vivere la propria vita senza qualcosa o qualcuno per cui combattere? Che vita è se vissuta passivamente? Non è vita.
Il discorso nato oggi mentre parlavo con quello strambo ragazzino tatuato, Abel, mi ha fatto venire in mente tutte queste cose. Un po' gliene ho dette, ma lui non la pensa come me. Lui non vive.
Io vivo invece, e combatto. Combatto persino per Cagnaccio. E per il suo padrone, anche. 


Ho bisogno di bere. 

Challenges

15/02/2514
h. 15.00

L'ennesima festa ipocrita è passata, per fortuna.
Quanto meno quest'anno l'ho trascorsa assieme a Cagnaccio sdraiata sul divano della mia nuova casa bevendo whiskey e cercando inutilmente un canale radio che passasse canzoni non mielose che non mi facessero venire in mente lui. Dopotutto cosa mi aspettavo, che si presentasse fuori dalla mia porta con un mazzo di rose in mano? No, appunto.
In compenso oggi sono riuscita a farmi offrire un gin tonic da Brent, sempre così propenso ad alleggerirsi il portafogli, e l'ho anche convinto a trovarmi un costume per il ballo in maschera che sta organizzando per Hall Point. Mi ha lanciato una sfida, dicendo che me lo procura solo se lo mostrerò a lui in anteprima, e io non so dire di no alle sfide... Sarà uno spasso, soprattutto perchè è così sicuro di sè che non sembra essersi accorto che con me i giochi funzionano diversamente, visto che voglio sempre uscire vincitrice.
A proposito di sfide, è un piacere essere così presa dal lavoro da poter evitare ogni pensiero negativo. O quasi.
Sono salita di grado nello staff di Hall Point, ed è bello essere premiati per ciò che si fa. E' bello tenersi impegnati e arrivare stanchissimi a casa la sera, e crollare a letto senza troppe paranoie per la testa. 
Eppure gli incubi continuano. 
Eliminarli si rivelerà la sfida più difficile, temo.



No one can blame me


No one can blame you for walking away
Too much rejection
No love injection
But down in the underground
You'll find someone true
Down in the underground
A land serene
A crystal moon

11/02/2514
h.10.00 


Quando ero più piccola mia madre mi canticchiava spesso una canzone di cui non conosceva il testo e la melodia completi, né l'autore. 
Spesso mi chiedevo se avesse la minima idea di cosa significassero quelle parole per me. Nel profondo speravo mi avrebbe perdonata per quello che avevo intenzione di farle. 
Sono stata così egoista ad abbandonarla nella sua solitudine e nel suo dolore?
"Nessuno può biasimarti per essertene andata." 
No, nessuno può biasimarmi.
Mi piacerebbe tornare per salutarla e sentirla cantare queste parole ancora una volta. Oggi avrebbero un senso, sicuramente più di quanto ne avessero anni fa. 
Talvolta mi sono sentita davvero "sotto terra", sono stata come morta negli ultimi cinque anni, ma ora è diverso. Ora mi sento viva, e non importa se questo significa anche provare dolore, o paura. 
C'è stato un periodo troppo lungo in cui non ho sentito nulla, e ora mi sento come se mi fossi risvegliata da uno dei miei incubi. 
Finalmente.

Phantoms of the past

09/02/2514
h. 20.00


"Lydia, devi imparare che cosa è giusto e che cosa è sbagliato."
Sentivo mia madre singhiozzare dalla cucina. Anche se dal punto in cui mi trovavo non la potevo vedere, mi sembrava di averla davanti, seduta al tavolo della cucina, la fronte contro il legno bagnato dalla sua cascata di lacrime.
"Qui su Horyzon le cose sono perfette, ma là fuori, nei mondi che tu ti ostini a difendere, vige l'ignoranza."
No, papà, qui l'unico ignorante sei tu. Questo avrei voluto rispondergli, ma mi limitai a starmene seduta su quella poltrona, circondandomi le ginocchia con le braccia e trattenendo le lacrime con orgoglio.
Mi sanguinava il naso, e il polso dove mio padre si era aggrappato con forza per tenermi ferma mentre mi picchiava faceva così male che quasi non riuscivo a muoverlo, ma non avrei pianto. Non davanti a lui. A fare quello ci pensava già mia madre, e in abbondanza.
"Quell'ignoranza non durerà in eterno, prima o poi li domineremo e faremo capire loro che cosa vuol dire essere civilizzati."
Perchè non poteva parlare di aiuto? Quella gente aveva bisogno di aiuto, non di regole e del pugno di ferro dell'Alleanza.
"Quella gente è come noi, ma non ha tutto ciò che abbiamo noi per civilizzarsi, come dici tu. Se invece di pensare a imporvi pensaste ad aiutarli le cose sarebbero diverse" replicai seccamente, stanca di dovermene stare zitta e fingere che avesse ragione. Lui mi si avvicinò, la mano già in aria, pronta a colpirmi di nuovo.
"Ti prego Robert, basta, lascia stare la bambina" implorò mia madre dalla cucina, la voce spezzata dal pianto. Mio padre si voltò verso di lei, puntandole il dito contro. "Non è una bambina, ha sedici anni e dovrebbe già essere membro dell'Alleanza come me e invece guardala! Una ribelle con la testa piena di ideali distorti! E' solo colpa tua e della tua debolezza, sei solo capace a piangere!"
Per fortuna si girò e uscì di casa sbattendosi la porta alle spalle, perchè in quel momento mi sarei volentieri alzata per prenderlo a calci in culo.
Quello non era mio padre, era solamente un uomo senza cuore.


Nonostante siano passati nove anni dall'ultima volta che l'ho visto non riesco a soffocare tutto l'odio represso che ha fatto nascere in me fin da quando ero solo una bambina.
Sono felice che non si sia mai pentito di avermi cancellata dalla sua vita, sono davvero felice che non mi abbia mai cercata. Mai.
Però mi manca mia madre, a volte.

"Non devi ascoltarlo, non sa quello che dice. Lui ti vuole bene" mi disse, la voce nasale a causa del pianto cessato da pochi minuti. Mentiva, lo faceva sempre. Mentiva cercando di addolcire la cruda realtà.
"Non è vero, mamma. Lui mi odia. Se non diventassi un soldato come lui desidera smetterebbe di considerarmi sua figlia, e tu lo sai benissimo. Io sono solo uno strumento per lui."
Sentivo i denti della spazzola affondare tra i miei ricci e scorrere lenti verso il basso. Nonostante percepissi i movimenti di mia madre secchi e nervosi, la sua voce suonava piena di dolcezza.
"Per me non sei uno strumento. Sei la mia bambina."
Le piaceva spazzolarmi i capelli. Erano lunghi e ricci come i suoi.
"Quanto sei bella, Lydia. Sembri una bambola. Vedrai, un giorno troverai un uomo che amerà i tuoi occhi tanto quanto li amo io" sorrise, guardandomi attraverso lo specchio.
Odiavo quando mia madre si metteva a parlare di uomini. Io avevo già Ryan, e lui non mi amava perchè sembravo una bambola. Mi amava perchè ero forte e indipendente.


A ripensarci, forse Ryan non mi amava davvero. Ma mia madre, lei sì. Il suo amore era sincero, ed è per questo che ogni tanto vorrei tornare a casa e abbracciarla, chiederle come sta.
Ma ora non ho più i ricci che tanto amava, e mi chiedo che cosa farebbe. I miei capelli sono troppo corti per essere spazzolati, e i miei occhi sono diventati lo specchio di un'anima troppo tormentata. La farei piangere di nuovo, come quando me ne sono andata di casa, abbandonandola.
Sono felice di aver affittato una casa a Oak Town. Non c'è più niente per me a Capital City, se non del lavoro e fantasmi del passato.
Fantasmi con cui non voglio avere più nulla a che fare. 

Forse nella mia nuova casa smetterò di essere tormentata dagli incubi tutte le notti. 

Have they all gone mad?

07/02/2514
h.16.10

Devono essere tutti impazziti negli ultimi giorni.


Prima Chris, che mi dice che tra di noi non c'è solo sesso e che io lo so benissimo. 
Beccata in pieno. 
Il bacio che mi ha dato quel pomeriggio era... diverso. Diverso da ogni bacio che abbia mai ricevuto. Mi ha fatto paura, ma non ho potuto fare a meno di lasciarmi andare, come sempre. 
Con lui non riesco a fare altrimenti, e credo che questa cosa mi porterà all'autodistruzione.


Poi il mio capo, che mi manda una mail sul Cortex per chiedermi aiuto. 
La sua stanza era in uno stato pietoso, e lei peggio ancora. 
C'erano bottiglie di whiskey vuote, flaconi di pillole ovunque, fogli, sangue. 
Sono riuscita a lavarla e cambiarla e ho anche dovuto spendere parecchi soldi per comprarle dell'acqua e del cibo decente. Non sono riuscita a capire cosa le sia successo, ma ho letto alcuni fogli di diario che ho trovato nella sua stanza. A quanto pare anche lei ha degli scheletri nell'armadio che non riesce a scacciare. Vorrei capirci di più, appena si riprenderà.


E poi Brent, che mi chiede di accompagnarlo ad un incontro diplomatico perchè "non si sa mai, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio." 
Che. Noia.
Almeno mi ha offerto un whiskey di vero malto, tanto lui se lo può permettere.


Per fortuna sono riuscita finalmente a firmare un contratto per un affitto, e nei prossimi giorni inizierò il trasloco a Oak Town. Cagnaccio sarà contento. Mi manca, e mi manca anche il suo padrone.
Maledizione.



Out of danger

03/02/2514
h. 00.40


Questa sera abbiamo preso i furgoni dei mercenari a Koroleva.
Quanto mi era mancata quella sensazione che si prova prima di premere il grilletto.
Con quella mitragliatrice mi sono sentita potente, soprattutto perché sapevo che stavo facendo qualcosa per cui mio padre mi odierebbe ancora di più se mai lo venisse a sapere.
Potevo sentire l'odore intenso del pericolo, il sangue mi ribolliva nelle vene, e Christyan era di fianco a me a guidare il Thor contro quei mercenari. In quel momento abbiamo pensato solo a fare il nostro dovere, ma dopo... 
Dopo è stato bellissimo.